Agire la verità. Sull’aggressione fascista di Venerdì 30 novembre in Via Dario Campana

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Quello che raccontiamo va ben oltre il tema dell’estrema destra, riguarda la possibilità di un mondo diverso e possibile, di una città nuova da costruire che in via Dario campana al civico 59F e in via De Warthema n. 26, il network solidale di Casa Madiba, stiamo provando faticosamente a immaginare. Ma riguarda anche il senso civico e di rispetto della Costituzione nata dalla Resistenza e dalla lotta al nazifascismo e a chi con coraggio li difende ancora quei valori anche nelle strade, praticando la legalità dal basso.

Come direbbe Murubutu, una storia d’altri tempi.

La notte tra il 30 novembre e il primo di dicembre intorno alle 23.30 tre attiviste che erano ancora presenti presso lo spazio sociale dopo una riunione interna, uscendo dallo stabile, hanno sentito delle urla e una forte sgommata davanti ai cancelli all’ingresso del parcheggio di Casa Madiba.

All’imbocco del parcheggio che conduce allo spazio sociale, dalla parte opposta della strada, una volante dei carabinieri aveva fermato un gruppo di persone, di cui uno con il giacchetto strappato e alcuni segni rossi sul viso e sul collo che era piegato intento a raccogliere i pezzi del suo cellulare con acconto un cartone di pizza e ad una bicicletta e altri, una decina, da cui velocemente si staccavano 2 con uno striscione tra le mani.

L’evidenza di quello che era successo non ha lasciato spazio a grandi dubbi. Per i carabinieri che erano presenti (scortavano i neofascisti?) no.

Un giovane precario riminese che tornava a casa dal lavoro in un locale della zona, ha incrociato lungo la strada un manipolo di attivisti di estrema destra che provavano a fare un’azione squadrista nei pressi di Casa Madiba.

Questo ragazzo non è un attivista dello spazio sociale, ma  un riminese e un antifascista, che in una dinamica palese e evidente, non ha voltato lo sguardo dall’altra parte, non ha fatto finta di niente e ha chiesto semplicemente cosa stesse succedendo, ritrovandosi poi inseguito da due persone bardate con la volante dei carabinieri già presente sul posto (ripetiamo, li scortavano?).

Lo stesso intervento delle forze dell’ordine ha poi sortito solo l’effetto di decontestualizzare l’accaduto, portando via il ragazzo in bicicletta e soltanto due dei dieci neofascisti che continuavano a inveire verso di lui.

Riteniamo molto grave che un evidente atto di offesa e provocazione verso uno spazio di attivazione sociale all’interno del quale è presente uno spazio di accoglienza come Casa Don Gallo che ha dato ospitalità dal 24 dicembre 2015 ad oggi a 128 persone senza fissa dimora e che un’evidente aggressione di stampo squadrista che colpisce un ragazzo che nulla ha fatto se non difendere la Costituzione, se non riconoscere un pericolo per la sicurezza pubblica nell’azione del gruppo dichiaratamente fascista, sia stato derubricato addirittura a rapina, in una dinamica abbastanza ridicola di “furto di un cappellino”, una querela fatta dai due aggressori evidentemente ben istruiti. Di questo avremmo voluto leggere sulla stampa. Di come mai sia consentita piena agibilità a questi soggetti a ridosso del centro storico e di quattro spazi sociali e di attivazione  nel quartiere (Casa dell’Intercultura, Centro anziani parco Marecchia, Casa Madiba, Casa Don Gallo).

Riconosciamo in queste dinamiche il solito tentativo di creare una narrazione delle diverse fazioni e opposti estremismi, dove anche una stampa complice racconta i fatti in maniera distorta e colpevole, perché tutto si riduca allo scontro ideologico, loro contro gli altri, facendo apparire chi, ogni giorno, da precario in un locale o da attivista di uno spazio sociale con le pratiche che mette in atto crea attivazione e socialità, dei semplici ”rissosi”, senza però soffermarsi su come mai, di 10 persone, solo 2 venissero portate via, lasciando poi completamente scoperto il territorio e la completa agibilità ai restanti neofascisti di continuare ad aggirarsi nei dintorni del Network sociale e di riprovare, e poi miseramente fallire, l’azione per la quale si trovavano in via Dario campana, la strada principale di un quartiere che ha definitivamente detto no alle pseudo raccolte solidali per soli italiani che gli stessi promuovevano davanti alla Conad di zona.

La questione in gioco allora non è solo antifascismo e fascismo, centri sociali e gruppi neofascisti come vorrebbero farci credere ma una visione di società e di mondo da costruire, di risposte da dare alle sfide epocali che abbiamo davanti, l’emergenza climatica, le migrazioni, la povertà e le diseguaglianze. Quale città vogliamo abitare? come possiamo immaginare un diritto alla città per tutti e tutte?

Per questo al posto del ragazzo aggredito potevamo esserci tutti e tutte noi. Potevano esserci tutti e tutte coloro che non sono indifferenti, che non si girano dall’altra parte, tutti e tutte coloro che provano a costruire nella precarietà delle loro esistenze uno spazio completamente e radicalmente alternativo a questo potere autoritario, maschilista, devastatore, di prefigurazione di altri mondi possibili. Su questo dobbiamo impegnarci in tanti affinché sia agita la verità ad ogni livello così come la solidarietà nei confronti del ragazzo aggredito.

In questi tempi di sopraffazione, dove le linee di cosa è giusto o sbagliato sbiadiscono, non possiamo che ringraziare persone comuni, che nonostante tutto ci ricordano che siamo umani, tracciando le linee ben chiare su chi sono i buoni e chi i cattivi, su cosa sia la sicurezza sociale e chi la infrange, su cosa sia legale e cosa illegale. Dovremmo sentirci tutti e tutte colpiti per quanto accaduto Venerdì 30 novembre in via Dario Campana e reagire.

#SiamoConTe #NonAbbiamoPaura #RiminixNoi

Casa Madiba Network 

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