Sull’Orso d’oro a “Fuocoammare”. Verso il 1 marzo 2016 #EuropeForAll #OpenBorders

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Pubblichiamo di seguito il nostro punto di vista sul significato e il valore dell’Orso d’Oro al film di Gianfranco Rosi, Fuocoammare. Siamo stati diverse volte a Lampedusa, tante volte ai confini della Fortezza Europa, per dire che non è questa l’Europa che vogliamo, quella dei fili spinati, dell’accoglienza emergenziale e indegna, quella degli Hotspot e dei percorsi ad ostacoli per chi già è in una condizione di fragilità sociale, quella dell’austerità. Un premio importante dunque, in una fase difficile e complessa che ci avvicina però ad un importante scadenza, il 1 marzo 2016. Dal Transnational Social Strike è arrivato l’appello alla mobilitazione e in tante città europee (anche a Rimini), uomini e donne degne si stanno organizzando per attraversare strade, piazze, confini, luoghi dell’accoglienza degna e lotte nel mondo del lavoro, per incrociare le lotte e aprire i confini! Nessuna frontiera per i diritti di tutti e tutte dunque!

L’Orso d’Oro consegnato a Gianfranco Rosi per il docufilm Fuocoammare è stato accolto in Italia con grande entusiasmo. Perché delle 66 edizioni della Berlinale, questo è il settimo film Italiano a vincere. E anche perché era l’unico film italiano in gara e questo ha sortito un effetto nazionalpopolare simile a quello che genera la nazionale di calcio durante i mondiali. Orgoglio nazionale dunque.
Lo stesso Matteo Renzi ha twittato così appena appresa la notizia:

Berlino premia Gianfranco Rosi, il suo talento e la poesia dell’accoglienza #Fuocoammare #Orgoglio

@matteorenzi

Berlino premia la poesia dell’accoglienza, afferma quindi il presidente del consiglio. Celando sotto le vesti della vittoria, il reale significato politico di quel premio. Quasi a non voler vedere. Come a dire che quello che avviene a Lampedusa può essere inquadrato nei canoni di un romanticismo sociale.
L’Orso consegnato a Rosi, ci dice invece proprio il contrario. Lancia un urlo straziante al cuore dell’Europa. E lo fa raccontando uomini e donne, migranti e lampedusani, coinvolti e sconvolti dal dramma che si consuma ogni giorno davanti alle frontiere. Storie e traumi e non numeri o quote.
Lo stesso regista pochi giorni prima affermava:
“Il film è un po’ una testimonianza di una tragedia che si palesa sotto i nostri occhi: sentiamo numeri, vediamo, però per la prima volta ci vengono mostrate le immagini di questa tragedia. E purtroppo l’Europa sta facendo molto poco, e le soluzioni che sta trovando sono veramente vergognose. Quando senti di stati che si stanno chiudendo… Ieri la Francia ha detto ‘basta’ senza rendersi conto che non si potrà mai fermare: questo è uno tsunami umano che si sposta. Nessuno può fermare qualcuno che sta scappando dalla morte…”.

La Berlinale, e L’Orso d’Oro a Rosi, hanno fatto quello che le istituzioni europee non sono riuscite a fare. Ha dato voce a chi pensa che se un’Europa deve esserci, non può che essere quella degli uomini e delle donne europee. E lo ha fatto organizzando attività parallele di sostegno ai rifugiati. Lo ha fatto ricordando che quando Il Festival del Film internazionale di Berlino è stato lanciato 66 anni fa, vi erano milioni di rifugiati tedeschi e persone traumatizzate dalla guerra in Europa.

Lo ha fatto consegnando la vittoria ad un film che vuole colpire proprio la pigrizia di chi guarda dall’esterno il mondo delle migrazioni.

Lo ha fatto facendo in modo che il suo premio più importante fosse dedicato a quei morti che non avranno neanche più il diritto di essere chiamati migranti e a quei cittadini, i lampedusani, che ogni giorno, anche ben oltre i confini di una legalità imposta dall’alto, provano a praticare un’accoglienza quanto più degna possibile.

Non c’è nulla di poetico in questo. C’è un senso profondo di rabbia e vergogna per quello che accade. C’è l’unica grande urgenza di salvare chi scappa dalla morte. E i muri e le frontiere non hanno mai salvato nessuno. La giornata europea del 1 marzo 2016 può essere, in questo contesto, una grande occasione per riprendere il cammino verso l’Europa che vogliamo costruire.

Casa Madiba Network

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