Casa Don Andrea Gallo per l’autonomia

Dopo un lungo ciclo di occupazioni abitative e attivazioni intorno al nodo del diritto all’abitare per tutti e tutte, dopo lo sgombero del Villino Ricci, avvenuto il 23 Novembre 2015, alla vigilia di natale, il 24 dicembre 2015, nasce CASA DON ANDREA GALLO PER L’AUTONOMIA. 

Una storia degna di chi ha alzato la testa e conquistato uno spazio abitativo e di nuovi diritti per tutti. 

Casa Don Andrea Gallo per l’autonomia 2.0 per un processo di emancipazione dalla grave emarginazione

 

CONTESTO DI RIFERIMENTO

Secondo l’indagine Istat sulle persone senza dimora (svolta in collaborazione con fio.PSD e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Caritas italiana) sono 50.724 le persone senza dimora stimate in Italia nel 2015. Queste persone vivono in povertà estrema ovvero in una condizione di disagio profondo legato prima di tutto alla mancanza di una casa come luogo intimo e di rifugio ma anche legato all’ intreccio di povertà di beni materiali per la sussistenza e fragilità personali.

Il campione osservato era composto da persone che, secondo la classificazione ETHOS vivono in strada o nei servizi di accoglienza notturna, senza fissa dimora e senza casa.

Per la maggior parte sono uomini (85,7%), 4 su 10 sono italiani, 4 su 10 sono cronici ovvero vivono in strada da più di 4 anni, più della metà sono immigrati da altri paesi, hanno un’età media di circa 44 anni e vivono prevalentemente nelle regioni del Nord Italia (56%).

Le donne rappresentano il 14% delle persone senza dimora (6.239), ma seguono dei percorsi di vita particolari e più caratterizzati dalle rotture delle relazioni familiari come causa principale di homelessness.

La popolazione dei/delle senza dimora presenta molte sfumature. Le cause e i fattori di vulnerabilità si assomigliano (perdita del lavoro, della salute, della famiglia sono gli eventi di rottura prevalenti ci dice l’Istat) ma le cause che hanno portato a quella condizione sono molto eterogenee e diversificate.

Le condizioni di vita pregresse evidenziano che i due terzi delle persone senza dimora aveva una casa propria. Proprio la perdita dell’alloggio rappresenta uno dei fattori di rischio maggiori che, a partire dalla difficoltà di pagare l’affitto fino ad arrivare allo sfratto vero e proprio o alla difficoltà di mantenere le spese per l’abitazione, conduce verso la homelessness.

Il territorio del Comune di Rimini non è estraneo a questo fenomeno, a seguito dell’aggravarsi della situazione socio economica sia nazionale che globale e alle criticità presenti nel mondo del lavoro, ha visto infatti aumentare in maniera esponenziale il disagio abitativo, la grave emarginazione adulta e la condizione di senza dimora. Dall’ultimo Rapporto sulle Povertà dell’Osservatorio statistico della Caritas del 2017 le persone senza dimora in città risultano essere 1.635, tante sono persone di passaggio che non hanno nella città un vero e proprio centro di interesse e se andiamo ad analizzare le varie situazioni emerge come la condizione di grave marginalità, molto spesso, è il risultato di un insieme di fattori variabili ed eterogenei in cui la mancanza di un’abitazione è solo uno degli elementi.

La condizione dei/delle senza dimora e l’esclusione abitativa esige pertanto la messa in campo e il rafforzamento delle esperienze in essere nel territorio comunale, con una serie di interventi differenziati che vadano ad integrarsi a quelli già in essere, uscendo però da una visione essenzialista dei senzatetto: benché tutti condividano una situazione di deprivazione materiale, non rappresentano una categoria omogenea[1]. Ognuno si trova in condizioni fisiche, sociali, mentali e affettive diverse (e spesso inconciliabili con quelle altrui), l’unico denominatore comune è una generica situazione di sofferenza: padri divorziati, immigrati senza permesso di soggiorno, donne vittime di violenza o dipendenza, latitanti, malati cronici, ex carcerati, itineranti, ex militari, persino ex-poliziotti etc.

Per queste ragioni al fine di definire le caratteristiche dei servizi promossi da Casa Don Gallo e quelli che proporremo con la nuova progettazione ma anche per leggere i bisogni emergenti, è stato analizzato il contesto tenendo conto della classificazione ETHOS e delle Linee guida ministeriali, proprio per le diverse situazioni di grave esclusione abitativa che abbiamo incontrato in questi ultimi anni e che vanno dal vivere in strada, in dormitori o luoghi di fortuna al vivere in alloggi temporanei o in strutture in attesa di essere dimessi, all’essere interessati da procedimento di sfratto.

AZIONE 1 – Gestione del Centro di prima accoglienza per senza fissa dimora

Questa azione si sviluppa in una serie di azioni diversificate che tengono conto di tutti gli aspetti legati alla quotidianità della vita in comune nella casa.

  • Accoglienza degna notturna:

Le strutture di accoglienza notturna sono tra i servizi per persone senza dimora i più richiesti e allo stesso tempo i meno diffusi come dimostrano i dati Istat secondo i quali meno della metà delle persone che vivono in strada riesce a trovare accoglienza per la notte nel momento in cui la cerca. Tale criticità, dicevamo nell’analisi del contesto e nelle motivazioni, deriva sia dalla disponibilità fisica di posti letto in ciascun territorio ma soprattutto per il nostro territorio dalle modalità organizzative interne alle strutture di ospitalità (regole e orari rigidi, accoglienza solo nelle ore notturne, impossibilità di avere uno spazio di privacy personale).

L’accesso ai servizi di bassa soglia come i dormitori è quasi sempre inquadrato in un sistema di regole (possesso del buono di ingresso, colloqui di valutazione, rispetto degli orari di entrata e di uscita della struttura, etc.) che impone alla persona senza fissa dimora di adattare la propria organizzazione di vita alle esigenze del servizio offerto e non il contrario come invece dovrebbe avvenire. Ne deriva, per la persona, un condizionamento che inibisce gradualmente la capacità di sviluppare autonomia e autodeterminazione che invece sono elementi alla base del nostro progetto. Risulta evidente come la risposta emergenziale del dormitorio, così come il servizio mensa o docce slegato da un progetto di inclusione e vita degna, protratta nel lungo periodo sia predittiva di una regressione del livello di “capacitazioni” e di “funzionamenti” della persona e come progressivamente la inducano a rinunciare ad un percorso progettuale di uscita dalla propria condizione di senza dimora e autonomia.

Per queste ragioni pensiamo sia importante utilizzare l’approccio housing led rivedendo e riorganizzando il servizio di accoglienza notturna nella casa in funzione dell’obiettivo di garantire a tutte le persone accolte, una sistemazione alloggiativa stabile e non istituzionalizzante, attraverso un’accoglienza iniziale di tre mesi, tempo necessario per poi sviluppare o un progetto individualizzato in cui la durata dell’accoglienza è una variabile ed è legata alla persona  e non agli standard imposti da chissà quale norma o regola, oppure per trovare soluzioni alternative qualora il progetto non sia adeguato alla persona accolta (per problematiche di varia natura).

Non sempre infatti il metodo dell’autogestione o dell’educazione fra pari funziona con tutti, così come la vita in comune e la condivisione per alcune persone è impossibile. Ci poniamo pertanto di proseguire nel percorso intrapreso a partire dal 24 dicembre 2015, ovvero il superamento dell’approccio emergenziale e standardizzato degli interventi per l’accoglienza delle persone senza fissa dimora verso un approccio housing led per rendere più efficaci, umanizzanti ed accoglienti l’accoglienza notturna.

L’azione di Accoglienza notturna prevede:

  • Accoglienza notturna di 37 persone all’interno della casa: per situazioni di emergenza legate a particolari condizioni climatiche si aggiungerebbero 3 posti in un’area dedicata. I tre mesi iniziali di accoglienza, osservazione ed inclusione serviranno alla costruzione di un progetto individualizzato.
  • Servizio di colazione e pasti per gli/le abitanti della struttura: un momento importante e di condivisione collettiva per iniziare bene la giornata, sensibilizzare sull’importanza della colazione e di un’alimentazione sana, prendersi cura di se e degli altri attraverso un’organizzazione condivisa e programmata nell’assemblea di gestione dei turni di attivazione degli/delle abitanti. Questa azione coinvolge alcuni pensionati e pensionate nelle attività di raccolta alimentare spreco zero e nel rapporto con il Banco Alimentare di Imola con cui siamo convenzionati;
  • Servizio di pulizia degli spazi e della propria postazione personale: organizzato attraverso le assemblee settimanali di gestione;
  • Servizio docce ed igiene personale (spazi RISERVATA solo agli/alle abitanti della struttura).

Azione 2 – Attivare percorsi di inclusione sociale e di capacitazione individuale e di gruppo

  • Spazio sociale diurno

Nelle Linee guida ministeriali gli spazi diurni “si caratterizzano in base a due necessità prevalenti: l’offerta di spazi di socializzazione e rifugio durante il giorno a chi non ne disponga e l’offerta di contesti protetti in cui recuperare o sviluppare abilità o comunque impiegare in modo significativo e produttivo il proprio tempo” ma le linee guida mettono in guardia anche su alcuni rischi di tali attività, rispetto ad esempio al rischio di un’offerta non differenziata che può essere controproducente o incentivare meccanismi di adattamento negativo, oppure quello di favorire delle aspettative che se non si realizzassero non farebbero che aumentare frustrazione e perdita di fiducia nelle persone e negli operatori/operatrici coinvolti. Per queste ragioni, come già avvenuto nei tre anni precedenti, tutte le attività e gli interventi dello spazio diurno sono programmate attraverso le azioni quotidiane di gestione della casa che sono obbligatorie per tutti gli abitanti (pulizie interno ed esterno dello spazio, preparazione colazione e pasti, il tutto attraverso i gruppi di lavoro che vengono stabiliti attraverso le assemblee) ed altre attività (come i corsi di cucina, l’orto sociale, formazione su temi specifici come il diritto del lavoro, delle migrazioni ecc.) che sono a partecipazione volontaria e vengono indirizzate alla persona in chiave propedeutica e preliminare alla strutturazione di un percorso di aiuto di più lungo periodo, solo dopo i primi tre mesi di accoglienza e dopo una attenta osservazione e lettura dei bisogni.

Le attività dello spazio diurno saranno così articolate:

  • Coinvolgimento degli e delle abitanti nelle piccole attività quotidiane per la gestione del centro con il supporto delle operatrici e dai volontari: Guardaroba solidale, Laboratorio di sartoria, Servizio lavanderia, preparazione delle colazioni, pasti o merende, turni di pulizie esterne e interne;
  • Attività formative, ricreative e di relazione sociale: cineforum; spazio biblioteca; corsi di lingua italiana e corsi di formazione su temi di interesse; spazio giochi, spazio tv, spazio ricevimento amici;
  • Attività all’aria aperta: monitoraggio e pulizia dell’area adiacente al centro di accoglienza, orto sociale e giardinaggio;
  • Attivazione di uno “Sportello di ascolto” per gli e le abitanti e per le persone che necessitano di un colloquio con operatori e operatrici qualificati che lavorano in rete con gli altri servizi;
  • Attivazione di uno “Sportello salute” con Medici provenienti da esperienza con Ong e infermieri volontari per orientamento e informazione sia per gli/le abitanti che per le persone esterne alla casa. Un servizio che avvicina nuove persone in grave emergenza abitativa al progetto di accoglienza e prova a sopperire ad alcune difficoltà delle persone senza fissa dimora nell’accesso alle prestazione del SSN, tenendo anche conto che l’esperienza della malattia fisica e mentale e dell’abuso di sostanze (in particolare alcool a basso costo) nella popolazione degli/delle homeless è quasi doppia rispetto alla popolazione in generale.
  • Attivazione di uno “Sportello Lavoro” che interviene in risposta al bisogno di inserimento lavorativo delle persone accolte, per orientamento e informazione sui contratti, sulla modalità di organizzazione del lavoro, per fare un bilancio delle competenze e stendere il relativo curriculum, per promuovere formazioni specifiche.
  • Attivazione di un Guardaroba Solidale: raccolta e distribuzione di vestiario e generi di prima necessità, che offra la possibilità di libera scelta dei capi, come se fosse un negozio, per evitare ulteriore stigma sui senza fissa dimora o passare come un’elemosina. Questo servizio ha poi l’obiettivo oltre che di attivare la rete solidale e la cittadinanza in azioni concrete anche quella di aprire la struttura di accoglienza alla fruizione da parte di destinatari/persone diversi dalle sole persone senza dimora, favorendo così l’incontro fra la cittadinanza solidale e le attiviste del Guardaroba;
  • Accesso e fruizione alla rete di supporto: in questi ultimi tre anni abbiamo costruito una rete solida e coerente alle attività di accoglienza della casa e per rispondere alle varie necessità: dal rapporto con Mani tese Rimini rispetto alle pratiche di riuso e di ecologia sociale, al Centro stranieri di via Toni con il quale recentemente c’è stato un incontro di coordinamento con le attiviste del nostro Sportello, con i servizi sociali comunali e quelli sanitari (Infettivi, Centro alcoologico, Ser.T, Ambulatorio Extra cee, Sportello Sociale), con le altre associazioni e realtà del quartiere, sempre nell’ottica dell’empowerment comunitario.
  • Cucina sociale e Pizzeria il Varco: un progetto nato tre anni fa per la capacitazione e attivazione di persone senza fissa dimora o disoccupate interessate a partecipare ad un percorso professionalizzante che in questi tre anni ha formato sette persone, molte delle quali stanno continuando a lavorare nel settore della ristorazione. Ce chi è riuscito anche ad aprire una sua pizzeria.
  • Mostra/Mercato I custodi del cibo: tutti i mercoledì dal tardo pomeriggio si svolge negli spazi antistanti di Casa Madiba una mostra di produttori locali, realtà ecologiste, bancarelle solidali aperta a tutti e a tutte, dove sono attivi i tirocini per studenti disabili, lo spazio bimbi, musica, incontri, uno spazio di relax e benessere molto importante per gli e le abitanti di Casa Don Gallo e per le interazioni che possono scaturire.

*Casa Don Andrea Gallo si trova in via De Warthema n. 26 a Rimini.

Per info e contatti:

ass.rumorisinistri@gmail.com – Tel.  353 4087009

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