Report della presentazione dell’inchiesta sui bisogni delle persone in precarietà abitativa

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Ieri sera abbiamo presentato l’inchiesta sui bisogni della popolazione in precarietà abitativa secondo la classificazione ETHOS che potete leggere qui.

Presente alla presentazione anche l’Assessore alle politiche sociali, Kristian Gianfreda, e una funzionaria dell’assessorato, che ringraziamo per l’ascolto e la partecipazione.

L’inchiesta che è stata realizzata all’interno del Percorso Partecipato ZERO HOMELESS nato a seguito dell’approvazione del progetto del Centro servizi contro la povertà da realizzarsi con i fondi del PNRR, ed è stata svolta nei mesi di novembre e dicembre 2022, attraverso un approccio che ha messo ai centri e non ai margini la popolazione in precarietà abitativa.

Nel 2020 e nel 2021, durante tutto il periodo pandemico, abbiamo portato avanti una riflessione e analisi continua con Matteo Fano e Carlotta Magnani sociologi del Centro Norbert Elias, Ehess di Marsiglia, scaturita poi nella ricerca che abbiamo pubblicato “La marginalità sociale al prisma della crisi sanitaria: uscire dalle logiche emergenziali dell’accoglienza della persone senza tetto”.

È stato proprio nel corso di questi incontri online che è nata l’inchiesta sui bisogni delle persone senza casa che abbiamo condotto nei mesi di novembre e dicembre 2022 durante le aperture del Guardaroba Solidale Madiba. Questo è stato possibile grazie anche all’attivazione di due giovani sociologi e più che volontari, attivisti partecipanti, Marco Marani e Emanuele Terenzi.

Viviamo nella società dove il CLIENTE ha la possibilità di valutare qualsiasi tipo di servizio, dentro una relazione sempre legata ad un ambito di consumo/profitto, mentre sul fronte dei servizi rivolti alle persone che non hanno una casa non si chiede mai un loro parere o valutazione, perché si devono accontentare, sempre dentro un meccanismo infantilizzante e di rappresentazioni stereotipate, pregiudizi e narrazioni superficiali che troppo spesso riguardano i modi in cui si parla di questo fenomeno.

Il discorso pubblico è per noi un campo del contendere e di lotta, perché anche attraverso al modo in cui parliamo delle questioni sociali, come quella dell’homelessness, possiamo veicolare cambiamenti importanti, materiali e culturali.

Per queste ragioni l’inchiesta mette al centro la questione dell’homelessness come questione e fenomeno sociale con le sue cause e caratteristiche e non come un’esperienza o colpa individuale, ovvero che il fatto di trovarsi senza casa dipendesse dai propri fallimenti personali e deficit, depoliticizzando così la homelessness come questione sociale da cui scompare il tema delle politiche abitative da rivendicare, (accessibilità degli alloggi, questione sfratti ecc).

Negli ultimi anni, non solo la pandemia, ma anche la crisi economica e sociale e la guerra ai confini dell’Europa, hanno reso le persone sempre più vulnerabili ed esposte al rischio di trovarsi in condizione di homelessness, soprattutto se si tratta di persone prive di reti familiari e amicali. Questo aspetto poi colpisce in maniera differenziata a seconda del genere, della provenienza e dell’età, nonché della condizione di salute complessiva (invalidità, disabilità ecc). 

L’inchiesta poi è partita da un altra considerazione importante che attraversare ogni nostra pratica e riflessione ovvero che le persone senza casa non sono più simili tra loro di quanto lo siano quelle che una casa ce l’hanno! Al contrario, sono proprio gli interventi che regolano l’esperienza di vita per strada che, presupponendo una certa uniformità di bisogni, concorrono ad appiattire le differenze. Allora, prima di progettare qualunque gestione del “problema” o centro servizi a contrasto del fenomeno, dobbiamo rendere alle persone senza casa la loro individualità.

Questi, come dice Robert Castel, in comune non hanno che una cosa: il non sapere di cosa sarà fatto il domani, l’assenza di quello zoccolo minimo di risorse che consente a un individuo di essere autonomo e sentirsi in sicurezza. Non possiamo stabilire, noi e a priori, quali siano i bisogni che meritano di essere soddisfatti o gli obiettivi per raggiungere i quali le persone meritino aiuto: il punto è fare in modo che ogni individuo possa partecipare a questa definizione integrandola in un progetto di sé sul lungo periodo. Il primo passo in questa direzione è riflettere insieme a nuove forme di partecipazione in cui ognuno possa esprimersi e contribuire alla co-gestione dei servizi in base alle proprie possibilità.

Abbiamo ancora tanto lavoro da fare ma la direzione intrapresa è quella giusta, siamo molto orgogliosə di questa inchiesta e del percorso ZERO HOMELESS che nasce per rispondere al progetto pilotato dall’alto a livello istituzionale del Centro servizi contro la povertà da realizzare con i fondi del PNRR.

Non siamo di certo contrariə alla riqualificazione urbanistica per contrastare la povertà ma questa non è possibile senza il coinvolgimento di chi è COSTRETTƏ in quella condizione e di chi opera sul campo nell’area urbana interessata dal progetto.

UNA CASA PER TUTTƏ!


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