Sul campo di via Islanda e sulla crisi esistenziale della città

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Questa mattina si è svolta una manifestazione in città egemonizzata da un discorso dichiaratamente discriminatorio e razzista contro una minoranza presente in città, la comunità di famiglie sinti e rumene respinte e rinchiuse per decenni nel campo di via Islanda, non luogo in cui si manifesta da anni l’abbandono istituzionale e lo stigma razzista e spesso stereotipato nei confronti di questi cittadini. Terze e quarte generazioni delle prime comunità che arrivarono nella nostra regione e città e che vivono stabilmente da decenni nei nostri territori.
In tutta Europa fin dalla loro prima migrazione dal nord dell’India furono respinti, repressi e stigmatizzati. In Romania no. In Romania (da dove provengono molte delle comunità rom presenti in Italia) dal 1400 fino alla fine del 1800 furono resi schiavi e schiave. Durante il nazismo 500.000 persone di origine rom e sinti furono sterminati nei campi di concentramento nazisti. Si chiama Porrajmos, che significa divoramento/devastazione nella lingua romanès. Chi di noi conosce questa parola? Questi fatti?
Non si studia a scuola, nessuno conosce quello che hanno subito queste comunità dagli usi e costumi così diversi dai nostri. E gli stereotipi e la continua produzione di disinformazione e abbandono istituzionale hanno da sempre alimentato i pregiudizi e lo stigma generalizzato.
Sta di fatto che oggi si è svolta una manifestazione egemonizzata da discorsi discriminatori e misitificatori sui quali i partiti xenofobi e razzisti come la Lega Nord e Fratelli d’Italia stanno facendo proselitismo e mera speculazione politica, soffiando su disinformazione e paure (vergogna!) nei confronti delle persone che vivono in condizioni indegne nel Campo di Via Islanda, sinti (45 cittadini italiani residenti, 11 nuclei famigliari) e una trentina di rumeni, che sarebbero esclusi dall’intervento del Comune di Rimini sulle cosiddette microaree, in base alla specificità della Legge Regionale che finanzia e obbliga gli interventi.
Una proposta tuttavia che critichiamo fortemente per i modi con i quali è avvenuta. Come sempre l’alto decide violentemente sul basso, senza aprire processi partecipativi indispensabili quando riguardano scelte che impattano su minoranze e comunità da sempre escluse dalla città, dai servizi sociali, sanitari, dal mondo del lavoro, dall’esercizio della piena cittadinanza e quindi anche dalle relazioni di vita e dal tessuto sociale.
Le Istituzioni tutte non hanno dato il buon esempio in questi anni. Era necessario promuovere per tempo un percorso complessivo e partecipativo attraverso la promozione di spazi di incontro e dei diritti e dei doveri, l’informazione, il contrasto alla discriminazione, la garanzia di pari opportunità per tutti e tutte, le relazioni, la qualità generale della vita.
Lo stigma e il pregiudizio nonché il razzismo conseguente alla proposta delle micro aree è il prodotto delle politiche istituzionali adottate fino ad ora ad ogni livello, dalle politiche economiche sempre più restrittive (austerità) alle mancate risposte ai bisogni materiali nati dalla crisi economica, ovvero politiche sociali volutamente improvvisate, carenti ed emergenziali.
Si veda ad esempio il tema degli sfratti per morosità incolpevole e il totale abbandono delle persone dopo lo sfratto con l’incentivo economico a ricorrere ai Residence (spesso in odor di malavita), o quello degli homeless (senza casa) sempre più numerosi a causa anche di un sistema di accoglienza dei richiedenti asilo che è un nuovo incubatore di marginalità sociale, vulnerabilità, clandestinità funzionale alle filiere dello sfruttamento e dell’illegalità. Le parole razziste e spesso del tutto disinformate dei comitati (si veda la manifestazione in consiglio comunale con i cartelli NON VOGLIAMO I ROM) ripropongono in maniera simmetrica un atteggiamento disumano e razzista promosso dalle stesse istituzioni quando affrontano per esempio il tema della migrazione e dell’accoglienza, o degli homeless, veri e propri “fardelli” di cui è sempre qualcun altro a dover farsi carico.
Il rifiuto totale da più di un anno di incontrarci per trovare una soluzione degna al trasferimento in continuità di tutte le attività di Casa Andrea Gallo Rimini #perlautonomia e il riutilizzo dei locali di via De Warthema per le pratiche mutualistiche già attivate nel Network sociale di via Dario Campana, ma attualmente in stallo per un loro sviluppo a causa della mancanza di spazi, dimostrano quanto sosteniamo.
Chi aiuta i poveri di ogni nazionalità in un percorso di riscatto e trasformazione sociale, non merita aiuto e sostegno ma lo stesso trattamento che i poveri subiscono.
Nel dibattito locale e nella vita politica è allora sempre più forte l’assenza di una voce altra e potente che va invece organizzata! Manca ancora uno spazio politico e sociale ricompositivo, sempre più necessario (visto l’avanzare del discorso populista xenofobo sempre presente ma mai così ben organizzato), un nuovo patto sociale, che sappia praticare sempre l’antirazzismo e la lotta ad ogni forma di discriminazione ( dove sono tutti i partecipanti al Rimini pride per es? quella contro i rom e i sinti è forse una discriminazione che ha meno valore sociale perché parliamo di rom e sinti?), che sappia porre il tema di più investimenti e risorse pubbliche per le politiche abitative e di inclusione sociale rompendo con le politiche di austerità, che sappia diffondere una corretta informazione e contemporaneamente organizzare la solidarietà e diffondere le pratiche di mutualismo affinché nessuno sia lasciato solo o sola.
Perché dove non ci siamo noi c’è l’odio e il razzismo e dove c’è l’odio e il razzismo non c’è la democrazia.
#DirittixTutti #UnaCasaPerTutti #NoRazzismo #BassoVsAlto#DemocraziaVsAutoritarismo

le compagne e i compagni di Casa Madiba Network

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