Riflessioni a margine della presentazione del libro sull’autoregolazione e riduzione dei rischi da uso di sostanze

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‼️Mercoledì 22 maggio abbiamo aggiunto un altro tassello importante al percorso partecipato Zero Homeless, con la presentazione del libro, “Guida stupefacente. Autoregolazione e riduzione dei rischi da uso di sostanze” edito da Agenzia X insieme a due autori.

Dal nostro osservatorio e dalla nostra esperienza sul tema della marginalità adulta riteniamo sia necessario adottare sempre di più l’approccio della riduzione del danno e dei rischi correlati all’uso di sostanze psicoattive legali e illegali, anche nei percorsi di presa in carico delle persone in condizione di homelessness. Che sempre più spesso portano problemi correlati a varie forme di dipendenza. E il libro che abbiamo presentato rappresenta un tassello in questa direzione.

L’obiettivo generale della Riduzione del danno è la limitazione dei rischi e il contenimento dei danni droga correlati piuttosto che la prevenzione del consumo in sé, e le persone destinatarie sono tanto i consumatori attivi di sostanze, quanto le loro famiglie, le reti di prossimità e la collettività nel suo complesso.

Per queste ragioni è fondamentale prima di progettare qualunque gestione del “problema” della homelessness o delle dipendenze, rendere ai soggetti la loro individualità.

Non possiamo stabilire noi a priori quali siano i bisogni che meritano di essere soddisfatti o gli obiettivi per raggiungere i quali le persone meritino aiuto e sostegno. Di fronte ad alcolisti cronici se l’obiettivo del percorso è l’astinenza e non ridurre o imparare a gestire il consumo di alcool, il progetto sarà fallimentare fin dall’inizio.

Il punto allora è fare in modo che ogni persona possa partecipare a questa definizione integrandola in un progetto di sé sul lungo periodo in modo tale che la presa in carico di questa persona sia il più efficace possibile e non una torsione continua verso e dentro il circolo vizioso della marginalità.

L’obiettivo è salvaguardare la vita umana, la salute collettiva non imporre uno stato di coscienza ordinaria.

Il primo passo in questa direzione è riflettere insieme a nuove forme di partecipazione in cui ognuno possa esprimersi e contribuire alla co-gestione dei servizi in base alle proprie possibilità, come è avvenuto con la nascita del progetto di Casa Don Andrea Gallo Rimini.

Il secondo passo è smantellare la falsa certezza che tende a considerare la presenza della homelessness e della povertà in generale come inevitabile, basando così le risposte unicamente tra i due estremi: o vittimizzazione o colpevolizzazione.

Sulla povertà e sulle dipendenze possiamo agire: certo si tratta di problemi sistemici che implicano necessariamente un cambiamento radicale del mondo in cui viviamo; ma, nell’attesa che ciò accada, resta comunque possibile agire sui modi in cui vengono affrontate.

Per questo servono soluzioni nuove, più idonee e che rappresentano un passo avanti nel superamento della logica dell’assistenzialismo e del proibizionismo.

Per questo dobbiamo continuare a mettere in evidenza come “nella mentalità occidentale, soprattutto con l’emergere della economia capitalista si è provocata una frattura fra il soggetto pensante, il cogito cartesiano, e la natura.
Questo soggetto individuale assoluto, cioè privo di vincoli sociali e naturali si è presentato come radicalmente altro rispetto alla natura come un osservatore distaccato, dissociato, in questo senso, che vede da fuori senza emozioni e senza partecipazione un panorama di cui non è parte: questo è il codice dell’occidente. Il punto di vista dominante. Ma ci sono altri punti di vista. Per esempio le esperienze di viaggi interiori di cui abbiamo parlato, le visioni poetiche, le esperienze mistiche, fino ai deliri di coloro che venivano e vengono chiamati folli, ci presentano in modo inequivocabile un sentimento di eternità che molti chiamano “oceanico” cioè un sentimento di sentirsi parte di un tutto senza essere il tutto, il sentimento di sentire scorrere in se la vita in generale, quella che i greci chiamavano Zoe’ e non solo il Bios individuale. Ma anche i punti di vista di altre culture ed altre cosmovisioni ci mostrano altri Stati di coscienza.È’ dunque evidente, come le cosiddette reazioni psicotiche siano un modo per uscire dalle stereotipie che caratterizzano la riduzione della molteplicità degli Stati di coscienza ad uno solo, uno stato dominante, una coscienza che diviene sempre più solo la coscienza lavorativa cui si sacrifica tutto.Coscienza lavorativa che significa coscienza produttiva, forza lavoro manuale ed intellettuale che deve produrre per consumare e consumare per produrre fino alla morte: produci, consuma, crepa. (…)
dalla Postfazione de libro “Guida stupefacente” a cura di Leonardo Montecchi


casamadiba.net

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